di Mariangela Galatea Vaglio
24 marzo 2014
fonte: http://nonvolevofarelaprof.blogautore.espresso.repubblica.it/
Qualche
settimana fa, al Liceo Muratori di Modena, gli studenti avevano invitato
Vladimir Luxuria – esponente del mondo dello spettacolo, sì, ma anche ex
parlamentare ed attivista per i diritti degli omosessuali e transgender, quindi
esperta del settore – a parlare in una loro assemblea per affrontare le
tematiche della discriminazione e del pregiudizio omofobo. Un gesto di alta
civiltà e che denotava da parte dei ragazzi una sensibilità sul tema molto
maggiore di quella di molti adulti. Infatti gli adulti si sono subito dati da
fare per dimostrare di essere più chiusi. Alcuni genitori della scuola hanno
infatti pensato bene di chiedere che l’incontro fosse sospeso, preoccupati che
i loro figli (quelli che avevano proposto ed organizzato l’incontro) potessero
rimanerne sconvolti o traumatizzati, o che incontrare Vladimir Luxuria che
parla della vita dei transgender e degli omosessuali potesse scuotere molti
ragazzi e portarli a riconsiderare alcune convinzioni assorbite in famiglia. La
tolleranza, del resto, si sa che è peggio dell’influenza: stai per un’ora a
sentir parlare un tizio che ti spiega che non c’è niente di strano o di
sbagliato ad essere gay o transessuali, ti accorgi che ha ragione e zàcchete
diventi tollerante e ben disposto nei loro confronti anche tu.
La lettera di
protesta denunciava, tra l’altro, che l’incontro sarebbe stato senza
contraddittorio,
e ciò non va bene: anche qui è noto, infatti, che quando un
testimone viene a raccontare la sua esperienza, va subito affiancato da
qualcuno che racconta lo stesso fatto ma dal punto di vista opposto. Infatti in
tutte le scuole, quando si fa per esempio un intervento sul bullismo, dicendo
che è male, ci si premura di far parlare un bullo per illustrare che invece
pestare i compagni è una cosa sana e giusta; nella Giornata della Memoria
sull’Olocausto degli Ebrei, si sa che bisogna invitare anche un rappresentante
delle associazioni neonaziste, a spiegare che Hitler era una brava persona, e quando
si tratta la vicenda dell’Apartheid in Sudafrica è necessario che in classe ci
sia subito un esponente del Ku Klux Klan. Sarebbe anche opportuno invitare un
Cartaginese quando si affronta il tema delle Guerre Puniche, o riesumarne uno
per la bisogna.
Quindi alla
fine gli illuminati ragazzi del liceo modenese, che avevano deciso di ascoltare
la testimonianza di un attivista dei diritti degli omosessuali per riuscire ad
affrontare a scuola un tema così scottante e forse far emergere tutto il
rimosso ed i pregiudizi che la nostra società ha nei confronti di gay e
transgender, in qualche modo ci sono riusciti: non ascolteranno Luxuria, ma in
compenso hanno fatto emergere davvero tutti i pregiudizi della società, anzi,
li hanno toccati con mano, e questa di sicuro per loro sarà una preziosa
lezione per il futuro.
Siccome però la
lezione di vita poteva non risultare completa, a renderla perfetta ci ha
pensato Gabriele Toccafondi, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione. Il
quale ha subito chiarito che iniziative come quella presa a Modena
(ripetiamolo: dai ragazzi) sono deleterie, perché mettono in discussione il
diritto dei genitori ad educare i figli come vogliono. Concetto che risulta
alquanto oscuro, in realtà, dato che i genitori sono liberissimi di educare i
propri figli come vogliono quando i loro figli sono a casa con loro, ma non
quando sono a scuola, che è uno spazio comune a tutti e nel quale, pertanto,
sono libere di circolare e di essere discusse anche idee diverse da quelle che
i genitori ammettono a casa propria. Se i genitori impediscono alla scuola di
far circolare idee, non stanno educando i propri figli come vogliono, ma
pretendono di educare secondo le proprie idee anche i figli degli altri, a cui
viene tolta la possibilità di ascoltare alcune voci. Inoltre c’è anche il
piccolo problema: che sono i figli, in questo caso, a chiedere che vengano
discusse alcune idee, magari proprio perché non le sentono mai discutere a
casa, e quindi vorrebbero formarsi in merito una opinione propria. Quindi la
scuola deve garantire a questi ragazzi la possibilità di confrontarsi e di
venire a conoscenza di cose che in casa non entrano, e questa è una delle
funzioni fondamentali della scuola pubblica.
Essere gay o
trangender non è un reato, e l’OMS non lo considera neppure una perversione o
una malattia. Non c’è nulla di sbagliato o di strano nel modo in cui gay e
transgender vivono la loro vita, se lo vengono a raccontare in una scuola non
c’è bisogno di contraddittorio, come non c’è bisogno di contraddittorio se
viene chiamato un eterosessuale a parlare della propria esistenza, normalissima
e banalissima. Se si invoca il contraddittorio, allora deve valere per tutto e
per tutti, sempre. Quindi, da adesso in poi, per ogni professore eterossessuale
che in sala professori dirà: “Devo andare a prendere mio figlio all’asilo”,
deve essergli messo vicino un collega senza prole che tessa immediatamente
l’elogio della sigletudine senza figli; ad ogni insegnante di religione
cattolica deve essere affiancato un collega dichiaratamente ateo che sghignazzi
ogni volta che viene menzionato Dio; per ogni professore maschio in classe ci
deve essere una professoressa donna che faccia da contraltare, e viceversa, per
ogni preside ci deve essere una preside che bilanci a fianco il concetto
maschile di autorità, ed infine per ogni insegnante o bidello eterossessuale
assunto a scuola ne deve essere messo accanto uno gay, e queste regole devono
valere per ogni scuola della Repubblica, comprese quelle private o
confessionali, dato che la legge del contraddittorio forzato deve valere per
tutti.
Solo così sarà
garantita ad ogni individuo ed ad ogni famiglia la certezza che tutti i figli
saranno allevati nel rispetto dei valori che si insegnano a casa. Che dice,
Sottosegretario, lo facciamo?
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