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Messaggio originale
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Gent.le
dott.ssa Bossi Fedrigotti,
in
relazione al suo art. pubblicato oggi, 15.2.2014, sul Corriere della Sera, “Ma re e
regine fanno male ai bambini?”, come madre mi sento di condividere con lei
alcune considerazioni nella speranza che possa leggerle, anche se non mi
illudo che siano pubblicate.
Mio marito
ed io abbiamo due meravigliose gemelle monovulari, oggi hanno quasi 36 anni e
sono apprezzate professioniste. Una ha orientamento eterosessuale e l’altra
omosessuale ( è, quindi, lesbica – che non è una parolaccia). Come tanti
genitori della mia generazione ( ho quasi 63 anni) sono cresciuta con in testa
, negli occhi e nel bagaglio educativo, veicolato anche dalle fiabe di principi
e principesse, l’idea di un unico modello affettivo, sessuale, di coppia
e di famiglia e nell'ignoranza completa di differenti realtà e orientamenti.
Può forse immaginare, o forse no, il grande dolore psicologico, emotivo ed
affettivo che abbiamo, nostro malgrado, inferto a nostra figlia - e di
conseguenza anche alla sua innamorata coetanea, circa 20 anni fa - alla
scoperta della sua omosessualità, non accettando e non comprendendo
il suo orientamento. A causa di questa ignoranza ,
anche noi genitori abbiamo sofferto.
anche noi genitori abbiamo sofferto.
Gentile
dott.ssa, se l’informazione fosse stata adeguata e aggiornata, tanto male e
tanti traumi a milioni di famiglie e di persone sarebbero stati evitati
negli anni passati e lo sarebbero ancora oggi. La colpa , naturalmente,
non è delle fiabe, ma di una volontà precisa di ignorare, di “silenziare”
e di condannare senza appello una realtà naturale di attrazione, di
affetti e di sentimenti, che esiste da sempre - anche se non appartiene alla
maggioranza - e che è naturale sia nel mondo umano che animale. Trovo, perciò,
di grande valore etico, educativo, sociale e civile l’iniziativa
del Dipartimento delle Pari Opportunità a cui lei fa riferimento nel suo
articolo.
Nessuno
“rottamerà” le fiabe, come lei paventa. Esse rimangono , come i miti e le
leggende, un grande patrimonio culturale e fantastico, che non può più,
però, essere preso come modello di riferimento per la costruzione e per
l’evoluzione di una società veramente civile che deve necessariamente e
doverosamente partire, per i suoi progressi, dalla realtà variegata delle
persone, appunto.
Oggi sono
una mamma socia A.Ge.D.O ( associazione genitori di omosessuali) e non
capisco più perché nel 2014 le mie due figlie non debbano veder
riconosciuti nello stesso identico modo i loro affetti, i loro progetti di
vita, i diritti e i doveri.
Lei parla
nel suo articolo di “corsa precipitosa in avanti”. Non le pare che i milioni ,
sottolineo milioni, di persone omosessuali nel mondo abbiano patito
abbastanza? Ricorderà i triangoli rosa, ricorderà le aggressioni,
ricorderà i suicidi dei giovani anche lo scorso anno. Non le pare che aspettino
da troppo troppo tempo di essere riconosciuti cittadini alla pari degli altri?
O questo vale solo per le imposte da versare?
Siamo nel
2014. Nel 1973 l’ APA ( American Psychiatric Association )
cancellò l’omosessualità dal DSM e nel 1990 l’OMS ( Organizzazione
Mondiale della Sanità) la derubricò dall’elenco delle malattie
mentali, definendola “una variante naturale della sessualità umana”, ma molti, ignari,
la ritengono ancora un disturbo e contrastano e condannano ciò che alla natura
appartiene.
Siamo nel
2014. Vogliamo aspettare il prossimo secolo? I nostri figli non hanno
tutto questo tempo.
Grazie dell’attenzione e cordiali saluti.
GianFranca
Saracino – Lecce
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